Napoli città, maggio 2016.
Credo che non esista nessun’altra città come Napoli dove leggende e realtà sono intricate tra loro a tal punto da non riuscirne a definire i confini.
Le leggendarie origini della città di Napoli
Già le origini del nome di questa città si perdono in molte leggende. Due sono quelle che abbiamo intenzione di raccontarvi, l’una perchè legata al mare e l’altra perchè coinvolge uno dei simboli di Napoli, il Vesuvio.
La prima è la leggenda della sirena Partenope, una delle tre sirene che, come racconta Omero nell’Odissea, seducevano con il loro canto gli uomini per poi ucciderli.
Ulisse, avvisato dalla maga Circe, non cadde nel tranello e per ascoltarne il melodioso canto ammaliatore, dopo avere fatto mettere dei tappi nelle orecchie ai sui marinai, si fece legare al palo della nave. Partenope, quando vide Ulisse, ne rimase folgorata, ma si rese conto che non sarebbe mai riuscita a sedurlo e quindi si suicidò.
Il mare ne trascinò il corpo fino agli scogli dell’isolotto di Megaride, dove oggi sorge Castel dell’Ovo, e qui si dissolse trasformandosi in quello che è il paesaggio partenopeo: il capo è appoggiato sull’altura di Capodimonte e la coda sul promontorio di Posillipo.
L’altra leggenda è quella secondo cui la sirena Partenope si innamorò del centauro Vesuvio che venne trasformato dal geloso e possessivo Zeus in un vulcano; Partenope, distrutta dal dolore, si suicidò.
Il suo corpo venne trasportato fino a Megaride dove si dissolse e si trasformò nella prima forma della città: finalmente i due innamorati poterono stare insieme per sempre.
Quando poi la piccola città di Partenope crebbe in dimensioni gli abitanti decisero, durante il solstizio d’inverno di circa 2500 anni fà, di chiamarla Neapolis (Città Nuova): fu così che nacque la Napoli di oggi.
Il Cimitero delle Fontanelle
Non solo di leggende ma anche di commistione tra sacro e profano è ricca questa città.
Il rito delle “anime pezzentelle”, di cui il Cimitero delle Fontanelle ne è a tutt’oggi caratteristica testimonianza (https://www.cimiterofontanelle.com/it/), ne è un esempio.
“O campusanto d’e Funtanelle”, così chiamato per la presenza in passato di fonti d’acqua, è un ossario. Divenne tale quando la città di Napoli fu colpita dalla peste che ne decimò la popolazione.
In queste cave di tufo veniva sepolto chi non era economicamente in grado di trovare una sepoltura più dignitosa.
A questa pestilenza fecero seguito carestie, rivolte ed eruzioni del Vesuvio: altre salme vennero portate in questo cimitero.
A poco a poco queste ossa abbandonate, divennero per i napolentani un ponte tra la vita e la morte. Adottando un teschio, una “capuzzella”, i napoletani chiedevano a questa “anima pezzentella” grazia e protezione; in cambio le “capuzzelle” diventavano parte della famiglia e avrebbero avuto degna sepoltura qualora la grazia fosse stata concessa.
Il Rione Sanità e i “bassi” di Napoli città
Dal Cimitero delle Fontanelle è poi iniziato il nostro affascinante viaggio nel rione che diede i natali a Totò, il Rione Sanità.
Cicerone d’eccezione: Rosario che, orgoglioso della sua città, ci ha deliziato con la sua incandescente dialettica con racconti che iniziavano dalla realtà per poi perdersi nei miti e nelle leggende locali!
E come non rimanere abbagliati dal Palazzo dello Spagnolo, maestoso esempio del barocco napoletano!
Impossibile non pensare alla novella di Andreuccio da Perugia del Decameron di Boccaccio quando si passeggia tra i bassi napoletani, che spuntano al piano terra di antichi palazzi!
Essi sono composti da una paio di stanze al massimo, ma tra soppalchi e scantinati, sono in grado di accogliere intere famiglie.
All’esterno, per mantenere libero l’ingresso dal parcheggio selvaggio, ci sono statue, piante e tutto quanto fà colore: spesso le anziane signore stanno a guardia della loro abitazione, stendendo il bucato all’aperto, lavorando a maglia, cucinando pizza fritta con friggitrici alimentate da bombole a gas o degustando il caffè in un accogliente salottino all’aperto.
Le maioliche del Monastero di S. Chiara a Napoli città
Dal colorato folklore napoletano, quasi senza accorgercene, ci siamo ritrovati a passeggiare in un’oasi di pace che era una vera gioia per gli occhi: il Chiostro Maiolicato del Monastero di S. Chiara (https://www.monasterodisantachiara.it/).
Strabiliante esempio della perizia degli artigiani partenopei sono i pilastri, e le sedute che li collegano, rivestiti da maioliche sapientemente combinate a raffigurare scene di vita popolare, marinare ed agresti.
All’uscita del chiostro c’è un meraviglioso presepe creato nel rispetto della tradizione presepiale napoletana.
I Campi Flegrei
A nord-ovest della città di Napoli ci siamo dedicati all’esplorazione di un altro luogo misterioso e suggestivo: la Solfatara di Pozzuoli, nell’area vulcanica dei Campi Flegrei.
Essa è un meraviglioso cratere in cui cave di pietra, fumarole di anidride solforosa, pozzi d’acqua e fangaie inscenano un’incredibile spettacolo naturale.
Secondo il greco Strabone questa era la dimora del dio Vulcano. Secondo altri, era proprio a questo luogo, colmo di «esalazioni che si effondevano dalla nera apertura e si levavano alla volta del cielo», a cui si riferiva il mantovano Virgilio quando racconta l’incontro di Enea con la Sibilla e la discesa agli Inferi.
Abbiamo poi ammirato il Tempio di Serapide che era in realtà il mercato pubblico di Pozzuoli.
Durante degli scavi a metà del settecento, venne trovata una statua del dio Serapis, protettore del commercio e da qui prese il nome (http://www.pafleg.it/it/4388/localit/67/macellum-tempio-di-serapide). Questo è uno dei simboli del bradisismo dell’area flegrea, che causa abbassamento ed innalzamento del suolo.
La Certosa e il Museo di S. Martino
Abbiamo deciso poi di fare un tuffo nel regale passato della città di Napoli visitando la Certosa e il Museo di S. Martino (https://www.beniculturali.it/luogo/certosa-e-museo-di-san-martino).
Essi sorgono su un colle che domina il golfo di Napoli dall’alto e lo squarcio panoramico che si apre davanti agli occhi lascia senza fiato!
Questo museo è stato creato per raccogliere opere d’arte che testimoniano la storia e la cultura artistica del Regno.
Passeggiando tra imbarcazioni e carrozze reali siamo arrivati ad ammirare un vero e proprio capolavoro dell’arte presepiale napoletana, il presepe Cuciniello, così chiamato dal nome del suo donatore.
La leggenda di Positano
E come un presepe affacciato sulle limpide acque della costiera amalfitana appare Positano, la pittoresca “città verticale”, che dai Monti Lattari scivola sino al mare.
Si narra che Poseidone, il dio del mare, fondò Positano per la ninfa Pasitea, di cui era innamorato, come pegno del suo amore.
Sorrento: i Bagni della Regina Giovanna
Continuando poi l’esplorazione della penisola sorrentina arrivammo tra la natura incontaminata dei Bagni della Regina Giovanna.
Si narra che tra le acque cristalline di questa nascosta piscina naturale, racchiusa tra scogliere rocciose erose dal vento, la Regina Giovanna D’Angiò fosse solita intrattenersi con i suoi giovani amanti.
Ed è in questa conca che si è svolto l’incontro clandestino tra Sophia Loren e Vittorio De Sica nel film “Pane Amore e …”.
La “fenestrella” di Marechiaro
Uno dei luoghi più belli di Napoli da cui si può ammirare una vista panoramica dell’intera città, dal Vesuvio alla penisola sorrentina fino all’isola di Capri, è Marechiaro.
Il nome di questo piccolo borgo non deriva dalla trasparenza delle acque bensì dalla loro quiete.
Esso è diventato famoso per il capolavoro del poeta partenopeo Salvatore Di Giacomo intitolato appunto “Marechiaro”.
Leggenda vuole che una “fenestrella” sul cui davanzale c’era un garofano ispirò il poeta e che poi Francesco Paolo Tosti dovette pagare, non è noto sapere se per gioco o per scommessa, una sterlina d’oro a Di Giacomo per musicare quella che divenne una delle più famose canzoni napoletane.
A tutt’oggi sul davanzale di quella piccola finestra c’è sempre un garofano fresco.
La pizza margherita
E non potevamo non fare una sosta al tempio della pizza, all’antica pizzeria “da Michele (http://www.damichele.net/) nel cuore della città di Napoli!
Inutile perdersi in parole, perchè non sarebbero adeguate, per descrivere questa squisita pizza!
Pare che il pizzaiolo Raffaele Esposito l’abbia creata per la regina Margherita di Savoia in omaggio ai tre colori della bandiera italiana.